Matteo Stefanelli, tramite l'amica Federica, ha chiesto a disegnatori vari cui Akira ha cambiato la vita o quasi, un articolo sullo stesso Akira. Ora non so mai se verrà pubblicato. Non mi pongo manco troppe domande su cosa venga pubblicato, cosa no, perché e per come. Considero solo il fatto che la vita sia un mozzico e bisogna provare a fare cose belle. Rivedere, scrivere e omaggiare Akira è sempre bello, quindi, intanto, lo abbiamo fatto. Un po' come i muratori che fanno le strutture per il giubileo a Roma e in varie parti d'Italia. Cose che poi rimangono ferme per intere ere geologiche. Quindi, nel frattempo, lo metto qui, et voilà!
Nel 1993
non c'erano cellulari, non c'era internet, le videocassette erano
poche e comunque non avevo il video registratore. Mi vedevo i cartoni
come tutti, ma guardavo tutto con la purezza dedicata a “Elliot
il Drago Invisibile”. Nel
1993, a tredici anni, vidi “Akira”.
Mio
fratello portò me e un mio amico in un cinema lontanissimo sulla
Laurentina a due metro, due autobus e due ore da casa mia. In sala
eravamo in 10, noi e un gruppetto di motociclisti. Avevamo il numero
minimo per la proiezione e il film partì. La mia vita cambiò e il
mio immaginario sterzò. Akira era arrivato e fu incredibile. La
potenza del film fu guarnita da un paio di episodi interessanti:
- Le urla
dei motociclisti alla vista di una moto con la retromarcia.
- Le urla
dei motociclisti alla vista della distruzione di una moto con la
retromarcia.
I
motociclisti che sulla frase finale del film “io sono...TETSUO!”
urlarono un sonoro “EeeeSticazzi!”. Un grande ingranaggio si
era messo in funzione, ne avremmo gioito in tanti. Il
Manga già girava in casa mia e presto arrivarono, dello
stesso autore, anche “Sogni di Bambini” (ambientato al
Serpentone) e “Memorie”, volume di storie brevi zeppo di
citazioni tra cui una ormai celebre di M.C. Escher. Tornando
a Katsuhiro Otomo, non so neanche che faccia abbia. Non mi è
mai venuta l'idea di cercare una sua foto. Forse perché, ai tempi in
cui mi sono impresso indelebilmente in mente le sue opere, sui manga,
stampati spesso a cazzo, arrivavano delle infelici foto in bianco e
nero. La mia priorità era concentrarmi sui disegni. E'
indice del mio gradimento il fatto che poco tempo dopo aver visto
Akira, mi compravo, con parecchi danari, (proprio tanti): “KABA”,
un bellissimo volume di illustrazioni. Alla fiera di Bologna, poi,
lottai come un vietcong per una copia dell'introvabile “Akira
Club edizione deluxe”, con
cartoline IN RILIEVO!!! Nello
stesso momento, Igort parlava e rideva con i suoi amici della
Kodansha, mentre io avevo il volto contratto dal pensiero di riuscire
a prendere quel libro. Lui si
voltava, rideva, e ci guardava con disgusto. Eravamo in tanti in
fila. Un
giornalista ha detto “No Akira, No Matrix”. Quello che
posso dire io è che quando cominciavo a disegnare con idee serie, da
“Lamù”, alle convention, ce se vestivano solo le ciccione.
Adesso le Lamù e tutti i cosplayers si sono evoluti e il merito è
anche del signor Otomo e della lungimiranza ed influenza delle
sue opere. Lunga vita ad Akira! Con
amore, Lucio Villani.
p.s.
Se
leggendo Otomo vi vien da pensare che disegnare palazzi e prospettive
sia facile, non vi preoccupate, lo fa con tutti. p.p.s. Qualche
tempo fa in un negozio vendevano 6 copie di “Memorie” perfette,
fondo di magazzino a 3 euro l'una. I 18 euro meglio spesi degli
ultimi anni. Le ho regalate quasi tutte. p.p.p.s. Riletto
in età adulta, Akira (come Maus, l'Incal, Batman
anno uno, l'Orlando Furioso di Pino Zac etc...) genera
sempre la riflessione: “...”.
p.p.p.p.s. Ai
tempi, quasi nessuno ci ascoltò quando urlammo a gran voce che Otomo
non aveva nulla da invidiare a Moebius e a Spiegelman etc... Anzi, la
reazione alle nostre parole era tipo riunione di condominio di
Fantozzi. Ora, per fortuna, ci chiamano a casa per renderci partecipi
della loro ultima e incredibile scoperta.