I tre dell'operazione K, dopo "I tre dell'operazione Drago".
Omaggi su omaggi, da parte mia, in questa tavola, la quale è una delle mie due proposte
Il soggetto rappresenta, in maniera astratta, i tre dell'operazione K.
K sta per KRAKATOA, esperimento di rivista di grafica e illustrazione autoprodotta, in circolazione per fiere e librerie italiane e straniere dal 1999 al 2006.
I simboli di Krakatoa erano più d'uno, la K (e di conseguenza la scritta KRAKATOA) in Arial e Arial Black leggermente modificato, un bombardiere della seconda guerra mondiale (alternativamente B17 o B29) e, ovviamente, l'omonimo vulcano (che ha una storia lunga e multiforme piena di conseguenze sulla quale non mi dilungherò adesso, se volete cliccate qui). La rivista veniva fatta da tre persone, Daniele Catalli, Vania Castelfranchi e Lucio Villani (i tre dell'operazione K; nel disegno, nessuno è nessuno, ognuno è tutti e tre) e una gran quantità di collaboratori. Ogni numero aveva una chiave di lettura specifica, si occupava di fumetto, illustrazione e grafica applicata (e studiata), anche con una serie di omaggi a figure preminenti della grafica (opportunamente citate all'interno). Alla fine, una legenda con i tipi di carta usati. Munari docet. KRAKATOA, nel suo tempo di vita, ha avuto molte pubblicazioni satellite e tre numeri, A, B e C, le cui copertine vedete qui sotto. Il volume A, sul gioco e sul Giappone era una mia rielaborazione di un famosissimo manifesto di Tadahiro Nadamoto, un altrettanto famoso designer giapponese.
il manifesto di Nadamoto
la nostra copertina (si notino, nei loghi, anche omaggi al Male)
seconda e terza di copertina del Volume A.
La copertina del Volume B, ideata da Daniele Catalli, metteva a confronto libellula e aereo
la parte arancione è un adesivo con sopra stampato il KRAKATOA e che fungeva da testata. L'aereo è ritagliato (vedi fustella) e la copertina ha i risguardi neri.
Il Volume C conclude la parabola con un cambio di carta e formato (concausa, la fine delle risorse economiche a disposizione). La copertina è mia e l'omino con la K in faccia, altro simbolo della rivista dal 1999, salutava e andava via.
una bozza di possibile copertina del grande Nico Feragnoli
uno dei tanti intermezzi grafici ideati
La presentazione di KRAKATOA a Torino, Amantes, 2003.
Questo per dire e ribadire che:
- non è un caso se poco dopo che la rivista è arrivata in presentazione e vendita a Torino, alcuni membri dei Subsonica, gruppo torinese, abbiano fatto una serata chiamata "Krakatoa" con, come simboli, una scritta enorme in Arial e un aereo (civile, tipo 747). Diciamo che un caffè ce lo potevano anche offrire.
- non è un caso se in giro per la rete si vedano immagini, spesso fatte da grafici italiani, di facce umane disegnate con, al posto dei connotati, una lettera (non per forza la K).
Nulla è casuale, nel periodo in cui fare le autoproduzioni (ho già detto qualcosa sull'argomento qui) era o da sfigati o da coraggiosi prodi e non un "doveroso gesto di rispetto verso sè stessi e la propria arte", come adesso si dice. Soprattuto le cose circolavano in un ristretto giro di persone, perché, ripeto, ignorate dai più (frase famosa di riferimento, "ma che fai i giornaletti") e riguardavano ben poco l'aspetto grafico, ma molto la parte "sociale" o politicizzata (e a volte manco troppo i disegni, spesso scadenti). Era interessante vedere "grandi professionisti" dire a persone come noi che non sarebbero andate da nessuna parte con quel mezzo, come è interessante, adesso, vedere che le idee sono state tranquillamente "citate" dagli stessi professionisti, che adesso fanno autoproduzioni, opportunamente invecchiati. Infine, è interessante, vedere come si sia evoluto il "mercato" o il concetto di autoproduzione e quanti gruppi ci siano adesso, che resistono e si sciolgono.
Krakatoa, come nostro esperimento di grafica, ideazione tipografica e di stampa, per noi
fu: ideazione di manifesti di grande formato in un momento in cui al massimo si facevano flyer, ideazione e prova di carte diverse, dalla uso mano alla lucida e così via, sia per stampe singole che per albi, fino a piccole tirature di libretti, in un momento in cui la concezione media della stampa era accompagnata dalle carte patinate sempre e comunque. Negli stand in fiere e altro cominciammo a fare incisioni e stampe dal vivo, sperimentando carta, metodi e inchiostri. Quello che adesso è diventato "performance" con tutto il suo manto di mistero, per noi era un processo ludico piuttosto comune che dava i suoi frutti e che ben presto, evidentemente fu copiato, anzi "omaggiato".
Quella è l'autoproduzione, con i suoi pro e contro, questo non per dire che siamo stati i più fichi, perché in altre città, in Italia, c'erano gruppi attivi, ma eravamo bravi, volevamo sperimentare e lo abbiamo fatto, abbiamo inventato poco ed esplorato tanto, potenziando il concetto di autoproduzione con le nostre idee, le nostre attitudini e con la curiosità che ci spingeva a cercare un aspetto e una veste grafica sempre più studiati.
Quel che è più importante, abbiamo sempre citato le fonti delle nostre citazioni.
Con questo, vorrei dire che i personaggi più o meno di spicco nel panorama nazionale che pensano di aver magicamente inventato questo tipo di pratica, con annessi e connessi, NON hanno inventato nulla, hanno rimescolato nel calderone della memoria di fiere varie.
Non hano scoperto nulla, né ieri, né l'anno scorso.
Chiudo questo post con il prologo del volume C di Krakatoa.
KRAKATOA E’ MORTO, EVVIVA KRAKATOA!
Noi di Krakatoa, rivista patafisica,
facciamo, chi più chi meno, autoproduzioni da oltre 10 anni; giochi,
riviste, cartoline, librini e chi più ne ha ne metta. Dopo questo
periodo possiamo stilare un breve sunto della “carriera”
autoprodotta. Le autoproduzioni sono belle ma hanno degli effetti
collaterali: 1- L’incremento dello strozzinaggio; in quanto per
pagare il tipografo ci si inventa di tutto. Così, mentre egli
continua a guardarci con il grembiule sporco di inchiostro, lo
sguardo spento e il rumore del ciclostile in sottofondo, noi
continuiamo a ripetere che i soldi stanno arrivando, “perchè ci
devono pagare un altro lavoro...” quindi fuggiamo dalla tipografia,
seguiti dagli anatemi di qualcuno che ha capito di essere ricaduto
nel vecchio trucco “mo arrivano i soldi”. Fuggiamo con il nostro
sorrisetto ebete continuando a ripetere “che importa dei soldi, noi
facciamo i giornaletti!” e corriamo verso l’abisso...
2- Il peso; perchè è tutto bello e
piacevole finchè dura la fase “CREATIVA”. Ma quando poi andrai a
prendere le copie finalmente stampate verrai ricondotto all’arido
vero: TA-DAAN ecco qui almeno 100 pacchi di pesantissima carta
patinata da caricare prima sulla macchina (anche in due viaggi se non
c’entrano) e poi da stipare in ogni angolo di casa con piacere di
tutti. Ti accorgerai poi dell’utilità dei tuoi fumetti e
dell’apprezzamento verso gli stessi, quando vedrai le copertine
tagliuzzate e usate per i filtri dai frikkettoni.
3- Le relazioni sociali; dalla nostra
mongolfiera, noi esploratori di Krakatoa, abbiamo visto il panorama e
preso appunti per un paio di domande; l’ambiente indipendente
italiano è talmente piccolo da non riuscire a organizzare una
partita a Risiko. Perchè allora ogni tanto vediamo atteggiamenti da
Piccolo Editore in Potenza (con la tipica personalità disturbata ma
neanche
una lira)? Questi modi di fare non
tendono forse ad un inutile auto ghettizzazione e ad alimentare una
vera guerra tra pezzenti? Fare autoproduzioni costa e ripaga appena,
rendendo TUTTI NOI fortunati, per essere liberi di stampare ciò che
vogliamo (sempre che non si decida di sfidare chimere editoriali
irraggiungibili), e terribilmente sficati, perchè le copie,
difficilmente
distribuibili, circolano spesso solo
tra noi innescando un autoreferenziale circolo vizioso.
A questo punto lieti cantiam la
canzoncina “Krakatoa ce ne sta uno, tutti gli altri son nessuno!”
Siamo comunque soddisfatti per il
successo riscontrato dalle nostre idee (Elish, Lampi Grevi, Krakatoa,
Ombre Giapponesi, Ominotondo, Marziano No) e per aver visto come il
botto del Krakatoa sia stato forte e come i suoi lapilli siano
arrivati lontano con solo due numeri, avere un editore vero... Il
giornalino che avete tra le mani è “Krakatoa C speciale
fantafestival”,
un estratto del Krakatoa C che, pronto
da ormai due anni e forte di 308 (dicasi trecentootto) pagine,
non vedrà per ora la luce per problemi
di ordine economico/redazionale/organizzativo.
Facciamo le nostre sentite scuse ai
magnifici autori che hanno lavorato per noi gratis e credendo nel
progetto, ovvero: Stefano Biagiotti, Marco Corona, Edoardo De Falchi,
Enrica De Natale, Nico Feragnoli, Maicol & Mirko, Global Groove,
Marco Moni, Fiammetta e Jacopo Mandich, Stefano Misesti, Mariachiara
Di Giorgio, Susanna Proietti, Gianluca Cannizzo, Carola Ghilardi,
Sonia Cucculelli, Anna Lewenhaupt. Ora potete immergervi in questa
nuova sensazionale avventura;
Krakatoa è Morto? Evviva Krakatoa!
La redazione, Daniele Catalli, Vania
Castelfranchi, Lucio Villani, Maggio 2006.
Krakatoa ce ne sta uno, tutti gli altri son nessuno!